domenica 28 aprile 2013

L'angolo della monomania: Doctor Who 7x10 - Journey to the centre of the TARDIS

Ho appena finito di vederlo ed eccomi qua, a parlarne.
Prima domanda, secca secca: mi è piaciuto?
Mmmm, sì. L'ho trovato meglio dei due che l'hanno preceduto.
Diciamo però che c'è una cosa che mi ha un po' stufata - e tanto vale togliersela dai piedi subito: quella cosa de "inizio-grande esplosione con scintille" e facce da oddiooddiosiamo in pericolo mortale. In questi momenti la recitazione, specie quella di Smith, a me pare un po' sopra le righe. Preferivo di gran lunga quando le cose cominciavano in modo tranquillo per precipitare - so che suona assurdo - con calma. L'impressione di voler gettare lo spettatore nel pericolo dopo secondi trenta dall'inizio dopo un po' stanca.
A parte questo - e a parte il subplot dei fratelli con la redenzione di quello stronzo che mi è parso un po' inutile - l'episodio dà quel che promette: un viaggio all'interno del TARDIS. Con alcuni scorci davvero molto suggestivi, come la famosa piscina. O la culla di River Song. Il modellino del TARDIS fatto da Amy Pond quand'era piccola. E la biblioteca (now, that's showing off) e l'enciclopedia su Gallifrey in bottiglia! Le voci! Sono riuscita a distinguere la voce di Ninth in Rose "The assembled hordes of Gengis Khan couldn't get through that doors and believe me they've tried" e l'indignato "We are in space!" di Donna in Runaway Bride. (Okay, confesso, ho fangherleggiato.) 
Il richiamo all'Occhio dell'Armonia, direttamente dalla serie classica e dal film.
Trattandosi di un paradosso, la storia si avvolge su se stessa e, alla fine, è come se non fosse successo nulla... se si escludono alcuni piccoli particolari, come la foto strappata all'inizio - che alla fine è invece intera - a l'atteggiamento del fratello stronzo (ve l'ho detto che è contrito, pentito e redento).
Si gettano le basi per l'episodio del Cinquantenario - Clara ha visto il nome del Dottore - e finalmente lui ha aperto la ciabatta e le ha rivelato - spaventandola a morte - di averla già incontrata prima. E di averla vista morire. (La cosa ha breve durata, perché nel paradosso le perde queste memorie, incluso il nome del Dottore, ma sono sicuro che spunteranno fuori giusto in tempo).
Ammetto di avere iniziato la visione con qualche pregiudizio.
Ci sono alcune cose, del Dottore, che non voglio sapere. E non le voglio sapere perché sono parte integrante della sua magia e del suo fascino - anche se con questo Undicesimo e con questa gestione della serie vado poco d'accordo. Il bello del Dottore sono i suoi segreti. E il bello dei segreti è che li vuoi e non li vuoi sapere: vuoi conoscerli perché sei curiosa, e nello stesso tempo non vuoi perché la conoscenza è come una luce forte che fuga tutte le ombre. Rende ogni cosa molto chiara. E molto meno affascinante. Per questo, non ero molto convinta che mostrarci l'interno del TARDIS, il suo centro, nientemeno, fosse una buona idea. Lo scrittore, adottando il trucco del paradosso, se la cava, perché di fatto resetta tutto quanto, quindi, sì, ci fa sbirciare, ma nell'economia della main storyline è come se non avessimo sbirciato. 
Da fan, sono contenta di quello che ho visto. Ma sono anche perplessa: mi sembra che, per mantenere il passo con aspettative sempre più alte - o forse per "alzare l'asticella" lassù dove mai è arrivata -, ci si stia sparando, in rapida successione, le cartucce migliori, sputtanando - scusate l'espressione - il vero "tesoro" della serie, il motore immobile: tutte le cose che il pubblico non sa, non ha mai visto e che fanno parte del mito. Come, appunto, l'enormità del TARDIS.
Voglio sperare di sbagliarmi.

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