mercoledì 29 gennaio 2014

Cose che non capisco...

...e che probabilmente non capirò mai.
Tipo il perché ci sia così tanta gente che parla dello scrivere e della scrittura.
No, sul serio, la cosa è meno scema di quel che sembra.
C'è chi - mai pubblicato in vita sua - dispensa consigli e, addirittura!, tiene corsi di scrittura creativa, ricopre posti di responsabilità (in minuscole case editrici che magari si è pure aperto, vabbé) e si spinge fino al punto di dare alle stampe (autopubblicandosi o, male che vada, usando i tipi della minuscola casa editrice di cui sopra) dei manuali di scrittura.
C'è chi - autore pubblicato - sputa veleno su esordienti e/o autoprodotti dall'alto della sua (ben poco riconosciuta) esperienza.
I toni, ovviamente, sono tutt'altro che ragionevoli e distesi: la scrittura, la pubblicazione, il "successo" sono sempre stati nervi scoperti e tali si confermano.
Io rimango sempre basita, ogni santa volta che l'argomento salta fuori.
E, onestamente, queste posizioni mi danno fastidio, da qualsiasi parte pendano. 
Mi infastidisce il meno-che-esordiente intento a spacciarsela, perché sono dell'opinione che, per insegnare qualcosa si debbano avere i titoli. Attenzione, però! Con "titoli" non intendo dire "pezzi di carta". Per insegnare sono fondamentali due cose: avere qualcosa da insegnare - padroneggiare un mestiere, per esempio - e saper insegnare - quindi saper trasmettere il proprio know how. Perciò, quando vedo manuali di scrittura curati da persone che - a voler essere generosi - dovrebbero andare a fare uno stage di grammatica alle elementari seguito da quel (come minimo) secolo di buone letture, sollevo il sopracciglio e reprimo la voglia di sbugiardare l'autore.
Dall'altra parte, l'atteggiamento saccente di chi guarda gli altri autori come vermi della terra solo perché ha pubblicato un tot di libri, magari con una grande C.E. e poi dispensa perle di saggezza - con l'atteggiamento di chi le getta ai porci - e la convinzione, nemmeno troppo velata, che le persone cui si rivolge siano affette da analfabetismo funzionale (o, in alternativa, completamente sceme) mi fa desiderare di demolirgli il piedistallo con un martello pneumatico.
Ma quel che sul serio non capisco (e che non capirò mai) è perché questa gente della scrittura si limita a parlare.
Non lo so, forse sono io a essere fatta male.
Ma trovo che star zitti e scrivere storie sia un modo decisamente migliore di impiegare il proprio tempo.

martedì 28 gennaio 2014

Spunti, appunti, documentazione. In una parola: scrittura.

Come avevo accennato, sto scrivendo. Anzi, scrivendo è dir poco: ho passato le centomila battute e siamo ancora all'inizio della storia.
Considerato che la prima stesura sta andando avanti con carta e penna (e che ho riportato tutto su Scrivener solo per avere una copia di sicurezza, che non si sa mai), il mio braccio destro non è tanto contento.
Anche perché ho la ferma intenzione di continuare così.
Di solito preferisco i mezzi "elettronici", ma questa volta sto assaporando la creazione, anche fisica, di qualcosa. Devo ammetterlo, mi piace.
Ho l'impressione, insieme frustrante e meravigliosa, che il mio cervello sputi parole troppo velocemente: la mano non riesce a stargli dietro e così scrivo furiosamente, con calligrafia pessima ripetendomi le frasi a mezza bocca per non perderle.
La storia mi si dipana davanti e non vedo l'ora di sentirla tutta: sono nel bel mezzo di un viaggio e, una volta tanto, rinnego il mio essere frettolosa e tesa "all'arrivo" per godermi in santa pace proprio il processo che mi porterà a mettere la parola "fine".
La mia protagonista - stavolta è una donna, udite udite! - è oltremodo prolissa: ho idea che in fase di riscrittura dovrò sfrondare un bel po', ma per ora non me ne preoccupo. Però mi piace proprio: è una tipa divertente, anche se un po' cinica. Le ho affiancato due personaggi, uno più ingombrante dell'altro, che le rendono la vita difficile - ciascuno a suo modo.
Metterle i bastoni fra le ruote è una delle gioie della mia vita, attualmente.
L'ambientazione mi entusiasma, anche se non ho intenzione di dire nulla più di questo. Ancora emerge poco - avrò bisogno di molti più dettagli e sarà un lavorone - ma per adesso la priorità è portare in fondo la prima stesura. Non ho  mai provato a scrivere qualcosa di questo genere e il misurarmi con una cosa nuova è veramente stimolante.
La storia è tracciata dall'inizio alla fine, anche se ogni tanto saltano fuori personaggi non previsti, ma non mi preoccupo nemmeno di questo, anzi, li accolgo a braccia aperte: l'outline è abbastanza flessibile da permettermelo e, finora, si sono rivelati tipi interessanti.
Fra l'altro, avere un'idea di dove sto andando, per me che in genere vado allo sbaraglio, è un sogno: la vita è mooolto più facile così.
E poi... ho un paio di comparse illustri che non vedo l'ora di far entrare in scena (una a breve, anzi, brevissimo: se riesco, già stasera).
Sono in quella fase in cui non farei altro se non scrivere (ma non posso perché, grazie al cielo, ho parecchio lavoro da fare) e rubacchio minuti qua e là, tornando di malavoglia nel mondo reale.
In questo periodo sto leggendo pochissimo e solo testi di documentazione: per ora mi interessano le gang di strada - argomento molto vasto e affascinante (anche se pieno zeppo di dettagli quantomeno discutibili). Presto passerò anche ad altra roba strana (quando fai ricerche per una storia finisce che accumuli un sacco di nozioni di dubbia utilità nella vita pratica), ma non voglio fissarmici troppo, non ora.
Quella è roba per la seconda stesura: se comincio a spulciare e pignoleggiare adesso perdo il gusto dell'avventura... e quel gusto mi piace troppo per mollarlo dopo così poco!

martedì 21 gennaio 2014

Un aiutino agli evasori.

Questo sarà un post atipico. E sarà un rant.
Preparatevi.
Allora, vi racconto l'antefatto.
Esiste un decreto legge che stabilisce questo: alla data del 1° gennaio 2014 tutti i professionisti dovranno dotarsi di POS per i pagamenti elettronici.
Questo è valido per tutti i professionisti, dai dentisti agli ingegneri. E, va da sé, ai geologi.
Perché? Per contrastare l'evasione fiscale.
Geniale! Sono anni che siamo obbligati ad accettare solo pagamenti tracciabili per cifre sopra i mille euro, ma... geniale lo stesso!
Certo, come no.
Non so in che mondo viva la gente che ha partorito 'sta idea, ma, se si vuol fare del nero, parliamoci chiaro: si accetta una parte in contante e una parte, che so, in bonifico o assegno. Io non lo faccio, perché penso che l'evasione fiscale sia uno dei reati più subdoli e disgustosi che ci siano. Mi fa profondamente incazzare il fatto che le mie tasse vadano a pagare anche quello che i furbastri evasori non pagano.
Inoltre, le parcelle dei professionisti possono essere - e nel caso, per esempio, degli ingegneri sono - cifre che vanno oltre quelle pagabili mediante carta di debito.
E volete sapere un'altra cosa? In dieci anni di professione, nessuno - e dico nessuno - è mai venuto nel mio studio per pagarmi chiedendomi "Accetta pagamenti bancomat?"
Già è tanto se ti pagano!
Ora vi parlo del rovescio della medaglia.
Io, per mettere il POS in ufficio, devo pagare. Devo pagare un'installazione e un noleggio mensile. A chi? Alla banca che mi fornisce il servizio.
E questi sono costi fissi. In pratica, la banca si prende da me dei soldi perché sono obbligata a tenere un macchinario che non uso (e non mi serve).
Vediamo i costi di esercizio. Eggià, perché ci sono anche quelli. Nella fattispecie, le commissioni, che gravitano intorno a un 3% dell'importo. Altri bei soldini.
Gli ordini professionali della mia area di lavoro - ingegneri, architetti, geologi, geometri - ovviamente si sono ribellati.
E che cavolo di altro avrebbero dovuto fare? Già siamo strozzati da una crisi che sta ammazzando l'edilizia. 
Provate a farvi due conti di cosa vi costa, di tasse e oneri, comprare un immobile e ristrutturarlo (sto parlando di tasse e oneri, non di onorari professionali, materiali e quant'altro) e vedrete che sono cifrette tutt'altro che trascurabili. Per un appartamento sui cento metri quadri - che è un bell'appartamento, lo riconosco - vi partono circa cinquantamila euro. Cinquantamila euro che non sono spesi per rimettere l'abitazione in grado di essere vivibile, eh. Sono tasse.
Anche chi avrebbe soldi da investire - perché, visto l'andamento del mercato, sarebbe il momento giusto per comprare - è ovvio che, a queste condizioni, non lo fa.
Oltre a una diminuzione drammatica del lavoro, ci hanno calato sul groppone questo nuovo obbligo.
Adesso vai su internet e ti trovi articoli che gridano allo scandalo perché l'obbligo di POS, anziché essere esteso a tutti, è stato ristretto ai professionisti con un fatturato che supera i 300.000 euro l'anno. E che, abolendo l'obbligo, è stato dato "un aiutino agli evasori".
Un paio di palle, scusate.
Come se, tolto il POS, fossimo piombati nel Far West. Come se l'intera categoria dei professionisti autonomi fosse composta, senza eccezione, di ladri e farabutti che non vedono l'ora di frodare il fisco. Ce ne sono senz'altro, figuriamoci. Ma non si può fare di tutta l'erba un fascio.
E lasciatemi dire un'altra cosa: mettere il POS in ufficio non é la panacea di tutti i mali e non servirà a combattere l'evasione. I metodi per farlo esistono già.
Non si devono cambiare i metodi, specie non rendendoli iniqui né facendo regalini più o meno nascosti alle banche.
Ciò che si deve cambiare è la testa della gente. Deve passare il messaggio che chi evade non è Robin Hood de' noantri, non è un furbo e non è un ganzo. 
È un ladro.
Certo è che se quel che vediamo ogni giorno è "evadere paga", perché abbiamo pessimi esempi in posti chiave della nostra struttura sociale, allora quello è il messaggio che passa. E passa a tutti i livelli, dal fruttarolo che non ti fa lo scontrino, alla gente che non dichiara la proprietà di migliaia di immobili.
Vuoi cambiare la testa della gente? Inizia a invertire la tendenza e far capire - anche concretamente - che "non evadere paga". Premia i contribuenti virtuosi, invece di metter loro le mani nelle tasche per coprire i buchi lasciati dai disonesti.
Vuoi mettermi il POS in ufficio? Mi sta benissimo. Ma deve essere una misura che, oltre a impedire l'evasione, mi faciliti anche la vita. Mi togli i costi fissi e mi togli le commissioni ed io sarò più che felice di mettere in ufficio la macchinetta.
Ma così, scusate, anche no, grazie.

lunedì 20 gennaio 2014

The Times They Are A Changin'

Ho deciso che non mi fermo. Ho deciso che mi butto. Che non ci sarà più "no, non lo so fare", per poi ritirarmi nel guscio, troppo spaventata dai dentoni aguzzi del mondo per mettere fuori anche solo la punta della coda.
Ho deciso che, vada come vada, me la giocherò fino in fondo, in tutti i campi.
E se fallirò, sarà perché, almeno, avrò provato.
E che non mi chiuderò più nel recinto, tenendo fuori gli altri. Che proverò ad avere fiducia nel prossimo.
E speranza nel futuro.

giovedì 9 gennaio 2014

I pirati del cielo - Chris Wooding

Il primo post dell'anno - il primo vero, intendo - sarà una recensione. Ed entusiasta, per di più. Talmente entusiasta che ancora non ho finito di leggere e già sono a parlarvi del libro, perché me la sto godendo pagina dopo pagina. Del resto, non avrebbe potuto essere altrimenti: per darvi un'idea è un misto fra Firefly, Capitan Harlock, con un pizzico di Indiana Jones (ma giusto una grattatina) in salsa steampunk. Con dei bei personaggi veri, di quelli che non temono di essere luridi, di comportarsi in modo sgradevole se non proprio da bastardi, il cui unico tratto in comune è un fragile cameratismo dovuto al fatto che per tutti loro la nave, la Ketty Jay, è la proverbiale ultima spiaggia, il mezzo di fuga da ciò che ha mandato a signorine di bassa morale la vita di tutti loro. Qualsiasi cosa sia, eh, perché è ovvio che ciascuno dei personaggi - dal capitano Frey, al Demonista Crake a Jez, l'ultima arrivata, la navigatrice - sta fuggendo. L'autore è molto bravo a solleticare la curiosità di chi legge, lasciando intendere, alludendo e per poi rivelare (o almeno lo spero) l'intera storia.
L'ambientazione è spettacolare e quel che più mi piace è che ci viene mostrata intrecciandola con l'azione: non ci sono digressioni lunghe per spiegare la rava e la fava. Per farvi un esempio, i mesi hanno nomi diversi, ma Wooding lascia che sia il lettore a capire che Howl's Batten non è un posto, né il nome di qualcuno, ma un mese.
Le descrizioni delle navi e dei caccia ti fanno venire l'acquolina, così come le battaglie aeree. Ci sono personaggi e professioni suggestive, come il mercante di sussurri (che personalmente mi fa impazzire) e la trama non ti lascia un momento di respiro. 
Avventura, pura e semplice, ma con l'impressione che ci sia tanta, tanta ciccia dietro: la Chiesa del Risveglio che briga ovunque, un Arciduca che, a quanto pare, governa con pugno di ferro per mezzo dei suoi Cavalieri della Centuria (che sono, ovviamente, cento, finora ne ho sono entrati in scena tre e sono entusiastissima).
Insomma, I pirati del cielo parte a mille e per ora tiene il regime senza mollare.
Fra l'altro, è il primo di una serie... e sono parecchio contenta di avere occasione di tornare sulla Ketty Jay.
E ora veniamo alle domande.
Dove si compra?
Il libro è edito da Fanucci - cui va l'indubbio merito di aver portato una ventata di aria nuova in questo paese soffocato da paranormal romance travestito in ogni salsa e da imitazioni di imitazioni di imitazioni di originali già di per sé scarsi - e si trova sia in cartaceo che in ebook.
Il cartaceo costa 15 €, mentre l'ebook, che era in promozione fino a tre giorni fa a 2.99 €, viene 8.99 € (che, per me, è una cifra folle). In effetti, mi ero stupita di un ebook in italiano che costasse meno di quello in lingua originale...
In inglese, ovviamente, lo trovate su Amazon, con il titolo Retribution Falls. Come dicevo, è una serie: il secondo - già nella lista dei desideri - è Black Lung Captain, seguito poi da The Iron Jackal e dall'ultimo, The Ace of Skulls.
I prezzi per la Kindle Edition si aggirano intorno ai 6 €, a parte The Ace of Skulls che è alla folle cifra di 8.99 €.
Il sito dell'autore lo trovate qui.

Non siamo né contrabbandieri né pirati. Non siamo un equipaggio
Il capitano è capitano soltanto perché possiede questa nave; 
non mi fiderei della sua guida nemmeno se dovesse portare un orso al miele. 
Nessuno di noi si è imbarcato in cerca di avventure o ricchezze, 
perché quant'è vero lo sputo c'è ben poco di entrambe. 
Ma, dammi retta, non c'è nemmeno uno di noi che non stia fuggendo da qualcosa. 
Ci scommetterei il mio ultimo sorso di rum. 
Ecco perché il tuo posto è qui.
Perché sei uno di noi.

Il mio consiglio è: leggetelo!


mercoledì 8 gennaio 2014

Parietaria 2014

La parietaria è andata, la parietaria torna...
L'ultimo post qui è - vergogna vergogna - del 10 dicembre. Poi il nulla.
In pratica, quasi un mese.
Adesso siamo in un nuovo anno, il Natale e i suoi strascichi sono passati e io vi scrivo dal nuovo ufficio, finalmente mio e non a prestito, con dentro i miei mobili, la mia roba, con le pareti e gli infissi tinti di fresco e del colore che piace a me (bianco e lilla, by the way).
Ho un sacco di cose delle quali parlare.
Lo special di Natale del Dottore, tanto per fare un esempio, del quale mi trattengo dal dire peste e corna. (Potrebbe pure essere il post che non scriverò, perché, comunque vadano le cose, mi dispiace che la serie venga trattata in quel modo barbaro).
Quel che ho letto, quel che sto leggendo e quel che leggerò.
La scrittura, perché va, sta andando, la storia prende forma, i personaggi si muovono da sé mentre io sto a guardare, poi il primo betareader che la stroncherà mi avrà sulla coscienza (ma va bene così).
I miei buoni propositi per l'anno nuovo, ciò che vorrei lasciarmi dietro le spalle, ciò che invece vorrei arrivasse nella mia vita.
Il 2013 è stato un anno doloroso e, ora che posso girarmi a guardarlo nella sua interezza, mi ha insegnato cose non troppo belle di me. Eh no, non mi sono proprio piaciuta.
Così... si cambia. Si cresce.
Benvenuti nel mio nuovo anno.