venerdì 20 giugno 2014

Buran - Davide Mana

Ho avuto l'onore di ricevere l'ebook in anteprima - e sì, mi sto bullando - e ora sono qui a parlarvene.
Precisiamo che a me lo stile di Davide piace moltissimo.
Nelle produzioni saggistiche - quelle che lui definisce 'agili volumetti' - è, in una parola, divulgativo: è semplice senza essere elementare e informativo senza essere noioso. Che parli di esploratori, di criptidi, di tempo geologico o di triadi cinesi - tanto per citarne alcuni - Davide ti rende accessibili le sue - notevoli - conoscenze e ti invoglia a saperne di più.
Quando si applica alla narrativa, sia in italiano che in inglese, è altrettanto bravo. Non è un mistero che io sia una fan della prima ora di Aculeo e Amunet, ma ho trovato altrettanto divertenti e ben scritti Tyrannosaurus Tex, Dalle colline con la piena e Blooper, tanto per citarne due.
Devo dire che - fatti salvi Aculeo e Amunet - Buran è, in assoluto, la sua prova più riuscita.
Almeno, quella che mi è piaciuta di più.
Perché?
Perché Buran è epico. Non è tanto per quel che succede (è epico anche quello, intendiamoci: la missione è portata avanti da quattro cosmonauti alla prima esperienza e decisamente attempati su una navetta vecchia di vent'anni): quel che ho trovato epico è il senso di disperata resistenza, di lotta contro l'inevitabile, che percorre tutto il racconto. Non a caso la navetta è battezzata Dignità.
In un mondo ormai alla canna del gas, con le riserve petrolifere allo zero e tutti i problemi che questo comporta, con la diffusa mentalità che la cultura sia inutile, sorpassata, un fardello da eliminare al più presto, trovo epico che ci siano persone che dicono no, che si organizzano da privati cittadini per portare a compimento una missione, ossia recuperare la sonda Raleigh, che, inaspettatamente, torna a casa dalle nubi di Oort. Epico è il convergere di nerd astrofili, grandi vecchi della NASA che ancora sanno sognare, semplici cittadini che danno il loro sostegno, epica è la storia di una navetta abbandonata dallo stato che l'ha finanziata e salvata solo dai tecnici che l'hanno costruita e che si sono rifiutati di smantellarla. Storia vera, fra l'altro.
È la lotta di Davide (quello biblico!) contro Golia, del granello di sabbia che si rifiuta di farsi schiacciare dal meccanismo e di tanti granellini di sabbia che, tutti insieme, il meccanismo lo inceppano.
Leggere questa storia ti fa sentire, contemporaneamente, sollevato e infuriato. Sollevato perché nella finzione i granellini vincono (beh, fino a un certo punto, ma ci arrivo dopo), infuriato perché nella realtà, i granellini sono ancora tutti dispersi in giro e il meccanismo il sta schiacciando.
Perché purtroppo la mentalità che vede la scienza e la cultura come superflue è sempre più diffusa, a un livello capillare, nella società. In alcuni paesi di più in altri meno, ma, diciamoci la verità, qui in Italia è tragica. Il laureato - vent'anni di studi, iperspecializzato - a tirare a campare in un call center e l'idraulico - che forse ha finito la scuola dell'obbligo - in giro con le tasche piene e l'aria di chi ha fatto la scelta furba.
E quanto al finale... posso dirvi che è lasciato aperto. E che considerarlo un lieto fine o un finale tragico dipende da voi. E dalla fiducia che avete nel genere umano.
Leggetelo, ne varrà la pena.
By the way, alcune delle cose che succedono in Buran, scritto nel 2006, si sono avverate:
  1. un disastro nucleare in Giappone - nel 2011 c'è stata la tragedia di Fukushima
  2. lo smantellamento del programma Space Shuttle da parte della NASA nel 2011
  3. il ritrovamento, nel 2013, di una navetta Buran che gli operai avevano occultato in un hangar abbandonato anziché smantellarla
  4. il ritorno della sonda ISEE3/ICE e la sua "gestione" da parte di un gruppo di nerd dello spazio altamente specializzati - la Planetary Society -, nel 2014
  5. la crisi economica che ci ha schiaffeggiati tutti nel 2009.
Cinque non è poco, direi.

1 commento:

  1. Molte grazie per questo bel post - sarà difficile esserne all'altezza ;)

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