martedì 3 novembre 2015

Mammitudine

Sapete quant'è che penso a questo post? Un mese.
Non è che sia una roba così importante da meditarci sopra così tanto. Semplicemente, non ho tempo.
Il tempo diventa una strana faccenda, quando sei mamma.
Perché da un lato non ne hai proprio più: del tipo che scordati di truccarti o di farti una luuuunga doccia. Già lavarsi a pezzi è una conquista. Ma anche una telefonata fiume con un'amica (non è che non possa telefonare, se sono a spasso con Davide. Solo che non voglio distogliere la mia attenzione da lui. Sapete, quando è nel passeggino, o nel marsupio, un po' si guarda intorno, ma poi alza gli occhi e mi cerca. Il contatto visivo è importante quanto quello fisico... e come faccio ad accorgermene se sto parlando di altro al telefono? Uno dei lati positivi della maternità, nel mio caso, è che non sto più col telefonino in mano. Se non per fargli delle foto. Ho migliaia di foto. Ho già dovuto svuotare l'iphone tre volte). O una session di scrittura (ah, la scrittura!).
E badate bene che non mi sto lamentando, eh.
Dall'altro il tempo rallenta. O almeno, il mio. 
Ho ripreso a lavorare a dieci giorni dal parto, lasciando Davide ai miei mattina e pomeriggio, con gli ovvi intervalli per le poppate.
Al tempo mi è sembrata una buona idea. Se proprio devo confessarvelo, non sono mai stata tanto spaventata da qualcosa come i primi giorni a casa con lui. Non è che sia un demonio, anzi. è un bambino buonissimo.
Ma è che dopo nove mesi di pancione - con tutto quello che comporta e, nel mio caso, aggiungeteci dieci giorni di ritardo, dieci ore di travaglio indotto con ossitocina, l'epidurale che non ha funzionato e, dulcis in fundo, taglio cesareo alle due e mezzo del mattino - non sei proprio preparata.
Non c'è corso preparto che tenga: quando esci dall'ospedale tutta baldanzosa (ancora con l'adrenalina in circolo) e porti il pargolo a casa non lo sai, ma sei appena piombata in un mondo strano. Sconosciuto. E spaventoso.
Hai gli ormoni che sballano - quel fantastico mix che ti ha tenuta calma nove mesi sta calando a velocità vertiginosa - e ti arrivano addosso a ripetizione ansie, paure e, purtroppo, consigli non richiesti.
Ancora stai tentando di capire cosa stia succedendo e devi pure fare i conti con il vortice di parenti/amici/conoscenti entusiasti, deliziati e, ahimé, prodighi di saggezza tramandata nei secoli.
Insomma, non è facile per niente. I miei hanno agito da cuscinetto, smorzandomi un po' l'impatto con la maternità.
Ho avuto il tempo di abituarmi e anche un ottimo esempio da seguire.
E poi, quando gli ormoni sono tornati al loro posto e la routine si è assestata, ho cambiato le mie abitudini: al mattino loro tengono Davide e io lavoro.
Al pomeriggio, faccio la mamma. 
In esclusiva.
Ed ecco perché dico che il tempo è rallentato.
Perché mi godo ogni attimo con lui - che sia la passeggiata (e, volete un consiglio non richiesto?, se pensate di avere un bambino... compratevi un marsupio! E non andate a risparmio, compratene uno di quelli comodi per voi e per lui e portatevi addosso vostro figlio. Non c'è nulla di più bello al mondo!), o la nanna insieme, o un po' di allattamento (anche lì, altro consiglio non richiesto: fregatevene di orari, regole o di chi vi dice che deve mangiare ogni tot ore: quando vuole ciucciare, attaccatelo, fa bene a lui e a voi), oppure, sì, un cambio pannolino (ho calcolato - per difetto - che, in quasi sei mesi, gli ho lavato il sedere qualcosa come duemilaquattrocento volte).
Non ho mai camminato tanto (né fatto tanta fatica): non solo ho perso i chili della gravidanza... ne sto perdendo anche dei miei (e male non fa).
Vale la pena, ogni singolo secondo.
Anche quando, alle quattro del mattino, striscio letteralmente per il corridoio perché, nel lettino, lui si è svegliato e reclama (poi ti affacci sopra le sbarre, rimbambita dal sonno come neanche quando tornavi da ballare qualche era geologica fa, e vieni accolta da un gheeee e un sorriso sdentato. In quel caso, gheee significa "ciao, fonte primaria di cibo. è una splendida giornata, io sono riposato come non mai, per cortesia,  prenderesti in considerazione di tirarmi fuori di qui?" Tu gli fai "Sì amore, ma mamma ha sonno" e lui sorride ancora di più, agita le braccine e fa "gheee" e lì capisci - te lo senti nelle ossa - che hai finito di dormire e la giornata ti è appena iniziata sotto il naso).
Che poi... non ti fa più schifo niente. Io, prima, non ho mai voluto cambiare un pannolino: ho due cuginetti che sono cresciuti con i miei e un nipote di quasi quattro anni. Dirmi "dai cambialo tu" era uno degli scherzi preferiti dai miei per via della mia espressione colma di orrore.
E quando Davide ha sporcato il primo pannolino... voilà, l'ho cambiato al volo. Senza battere ciglio. Conoscevo bene la teoria, mi direte. Sì, ma mi sono stupita di me stessa.
Sembra scontato, ma... cambia tutto. Cambi tu, cambi dentro e non sto parlando di oceani d'amore per la tua creatura (ci sono anche quelli). Sto parlando del fatto che, di colpo, non sei più figlia, sei madre. Non sei più quella che viene protetta, ma quella che protegge e tutto il resto, tutto quello che ti ha spaventato, preoccupato, fatto venire l'ansia prima... perde di significato.
Quell'affarino che è appena entrato nella tua vita ha reimpostato la prospettiva. Ha tirato fuori una forza che non pensavi di avere e adesso, quando guardi indietro, quando ti soffermi a considerare i problemi che ti sembravano tanto insormontabili... non capisci per quale dannata ragione!
Sono una mamma fortunata: Davide è un bambino di buon carattere, sorridente e tranquillo. Piange molto poco, fondamentalmente, solo se ha fame o se ha sonno e non riesce ad addormentarsi. Non ha mai avuto coliche, né alcun problema di salute: stiamo seguendo l'iter delle vaccinazioni e, per ora, non ha mai avuto nemmeno la febbre.
Alcune delle mie amiche del corso preparto hanno bambini decisamente più impegnativi. Forse, se mio figlio fosse un po' meno bonaccione, non la penserei così e sarei molto meno rilassata. Certo, dormire un po' di più non mi farebbe schifo, ma, nel complesso, direi che posso anche accontentarmi, no?